L’omosessualità non è una malattia, ovviamente.
Gli psicologi e le psicologhe ispirano il proprio agire professionale ai principi della scienza, rifiutando qualunque forma di terapia volta a modificare l’orientamento sessuale (riparative o di conversione), non adottando, seguendo o promuovendo convinzioni antiscientifiche che considerano l’omosessualità una patologia, e soprattutto non agendo alcuna forma di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.
L’Ordine delle Psicologhe e Psicologi del Veneto è estremamente attivo nell’affermazione dei diritti delle persone LGBT+, con azioni concrete e ben visibili.
Ricordiamo, solo nell’ultimo anno:
- il convegno “Diritti civili e discriminazioni. Dignità e responsabilità degli esseri umani” a Padova;
- il sostegno e il patrocinio all’iniziativa volta ad inserire il Regolamento Identità Alias nelle scuole promosso dalla Rete Lenford;
- il patrocinio al Convegno Trans-i-Zone all’Università di Padova;
- è in corso l’adesione al protocollo Feeling, rivolto alle problematiche di minori stranieri LGBT+;
- il supporto costante alle numerose azioni di contrasto alla violenza di genere.
L’esercizio della professione psicologica ha come fondamenti il principio di non discriminazione e di scientificità.
Nel 1973 l’omosessualità è stata definita dall’American Psychiatric Association (APA) come un orientamento sessuale, una variante della sessualità umana priva di alcun elemento patologico.
Nel 1993 viene riconosciuta anche dall’OMS come una variante della sessualità umana, al pari dell’orientamento eterosessuale.
In questi giorni il Consiglio dell’Ordine ha dato mandato ai legali di agire a tutela dell’immagine dell’Ente verso la natura diffamatoria di alcune affermazioni scorrette uscite in alcuni articoli.
La promozione dei diritti civili delle persone LGBT+ passa attraverso azioni concrete, pubbliche e visibili positive, che questo Ordine continuerà a perseguire con decisione.