In questi giorni si parla diffusamente e non sempre propriamente delle dinamiche assistenziali nel puerperio. Il gran numero di testimonianze che riportano esperienze di parto “ai limiti”, suggerisce una riflessione seria sui modelli psicologici della perinatalità, del contesto delle “cure” reali, e delle aspettative rappresentazionali che vengono spesso imposte intorno alla puerpera, ed alla nascente nuova “realtà figlio-madre-padre”.
Il tema del legame precoce, da un punto di vista psicologico è fondamentale. Ma la sua diffusa versione “ingenua” è disfunzionale: una sorta di ipersemplificazione dell’attaccamento raccontato come “fondamentale ma al contempo fragilissimo” che si traduce in imposizioni rigide di rooming-in h24, alto contatto, allattamento immediato, gestione igienica irreprensibile messe in opera da madri provate dal travaglio, dai punti, dalla grave mancanza di sonno, dal dolore fisico, impaurite all’idea di creare al neonato traumi precoci e irreparabili.
Il benessere psicologico di un neonato, o i suoi processi di attaccamento sani e funzionali, non possono essere dissociati da tutte le grandi esigenze psicofisiche della coppia genitoriale, in primis la madre, che se ne prende intensamente cura nei primi faticosissimi e duri periodi dopo la nascita. Genitori devastati dalla stanchezza fisica, dall’esaurimento emotivo, dalla complessità organizzativa; colpevoli di non essere “più perfetti” di come tentano disperatamente ad essere con tutte le loro forze, non possono creare un contesto esogestazionale di sicurezza emotiva per il neonato.
Per facilitare realmente il bonding e l’avvio di una buona relazione di attaccamento occorre creare un contesto relazionale, emotivo, gestionale affinché ciò sia il più possibile esperibile per tutti i componenti di tale dinamica; con ovvia attenzione primaria per le esigenze del neo arrivato, ma senza che questo implichi necessariamente un’assurda, totale denegazione delle grandi esigenze emotive e fisiche della coppia genitoriale. È psicologicamente pericoloso imporre modelli irraggiungibili a una giovane madre, un giovane padre e un neonato, in uno dei momenti più faticosi e difficili della loro esistenza.
Prendersi cura dei neonati significa allora prendersi attivamente cura delle madri stanche e in difficoltà; riconoscere e normalizzare i loro errori, paure, stanchezze, imperfezioni, confusioni, dolori fisici. Permettere ai padri di essere presenti e partecipi (e sostenere anche la loro stanchezza psicofisica; diversa, ma spesso importante).
Garantire nel post-partum analgesie, molto riposo, assenza di giudizi ideologici sul “ruolo materno”, sostegno pratico ed emotivo soprattutto nei primi periodi. Perché dei genitori rassicurati, sostenuti, non pressati su ideali impossibili, sono genitori che saranno in grado di costruire un contesto di caring emotivamente molto più sicuro ed efficace per i neonati.
Il Presidente
Luca Pezzullo