Risponde la Dott.ssa Barbara Rizzato, consulente fiscale delle iscritte e iscritti OPPV
Sempre più spesso psicologhe e psicologi svolgono il proprio lavoro attraverso piattaforme on- line, oppure offrendo le consulenze presso i clienti/utenti; non avendo quindi la necessità di avere una sede di lavoro fisica.
Questa possibilità di risparmio sui costi della professione contiene altresì degli svantaggi in materia di sicurezza personale.
In assenza di una sede esclusivamente lavorativa, per molti professioniste/i il domicilio fiscale coincide con il domicilio personale, che diviene pubblico all’utenza poichè esposto in fattura.
Esistono soluzioni che facciano sentire il/la professionista maggiormente tutelata/o? È possibile omettere l’indirizzo del/la professionista in fattura?
Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Barbara Rizzato, consulente fiscale delle iscritte e degli iscritti all’Ordine.
“Uno dei dati imprescindibili da indicare in fattura è l’indirizzo del professionista, questo può essere alternativamente la residenza anagrafica (leggasi “domicilio fiscale”) o la sede dello studio.
Gli indirizzi in questione possono essere utilizzati in modo indifferente tra loro, purchè si tratti di indirizzi noti all’Agenzia delle Entrate.
Coloro che lavorano esclusivamente online, non avendo una sede fisica di svolgimento della professione diversa dalla propria abitazione, sono costretti ad indicare in fattura l’indirizzo di casa e ciò anche a scapito della propria riservatezza.
Un’alternativa potrebbe essere quella di comunicare all’ADE, quale sede dello studio, un indirizzo destinato di fatto alla sola domiciliazione che potrebbe essere individuato nello studio del commercialista, piuttosto che in uno spazio destinato ad attività di coworking.
Il contratto di domiciliazione non richiede necessariamente la forma scritta, ma in sua assenza, sarebbe bene che fosse disciplinato quanto meno da uno scambio di mail tra domiciliante e domiciliatario.”