Il dirigente psicologo del SerD, Zanon: «Il contesto sanitario è particolarmente esposto a condotte di violenza perché sono presenti tipici fattori scatenanti dell’aggressività, quali il dolore psichico e fisico, la paura, la preoccupazione, la frustrazione, l’affollamento, l’asimmetria di poteri, il tempo di attesa».
Padova Oggi
La cronaca degli ultimi giorni riporta frequenti episodi di comportamenti violenti verso professionisti sanitari impegnati nella cura dei pazienti che talvolta sfociano in delitti cruenti, e ci colpiscono emotivamente per diversi motivi: l’accostamento tra malattia mentale e il tema dell’imprevedibilità/incontrollabilità percepita; il pensiero di essere a rischio anche nei contesti in cui le persone cercano aiuto, e di essere a rischio persino mentre si presta loro aiuto. Ma il tema dell’aggressione nei contesti sanitari si presenta purtroppo quasi quotidianamente, in particolare in alcuni ambiti ad alto rischio e non andrebbe quindi trattato o ricordato soltanto in occasione di incidenti gravi, e limitatamente al sommario giudizio morale verso gli aggressori o la semplice “solidarietà” alle vittime.
Suem
Servizi a rischio I Servizi particolarmente a rischio, oltre a quelli tradizionali del SUEM-118, del Pronto Soccorso e delle domiciliari in Continuità Assistenziale, sono anche gli SPDC, i Centri di Salute Mentale, i SerD – Servizi per le Dipendenze – le comunità per disabili e le RSA; in questi contesti è necessario costituire adeguate pratiche professionali e misure organizzative, che garantiscano sicurezza ai professionisti che ci lavorano e agli utenti che li frequentano. La sicurezza parte dalla “prevenzione organizzativa” La sicurezza dei lavoratori e dell’utenza sanitaria si deve quindi porre sempre più come un tema strutturale di prevenzione organizzativa, e non ridurlo a fenomeno affrontato solo reattivamente o “con buona volontà” con l’alta probabilità che diventi cronaca nera. Come è evidente anche nel caso dell’omicidio della dottoressa di Pisa, per il quale è stato arrestato un paziente con chiare evidenze di psicopatologia grave, che aveva già messo in atto numerosi comportamenti eteroaggressivi, i servizi territoriali sono deputati alla presa in carico anche di una tipologia di utenza che presenta possibili comportamenti violenti, disregolati o antisociale fra gli elementi caratterizzanti la loro patologia.
Zanon
«Esistono contesti più esposti di altri – spiega Federico Zanon, dirigente psicologo in un Ser.D. Nel Ser.D in cui lavoro abbiamo in carico circa 600 pazienti adulti e alcune decine manifestano con costanza comportamenti aggressivi. Gli episodi di aggressività fisica sono in media di 4-5 al mese, quelli verbali sono quotidiani, episodi che non hanno conseguenze solo perché abbiamo procedure di sicurezza che ci aiutano a prevenire gli eventi e a gestirli in sicurezza quando si manifestano. Ma sarebbe un errore pensare alla violenza come a qualcosa che riguarda singoli pazienti violenti.» L’aggressività è un comportamento connaturato alla natura umana e ad alcuni disturbi mentali, e non si può eliminare ma possiamo evitare che diventi violenza. E se succede si deve essere preparati ad agire in sicurezza per evitare danni ai sanitari e al paziente. I fattori scatenanti dell’aggressività negli ambienti sanitari «Il contesto sanitario – prosegue Zanon è particolarmente esposto a condotte di violenza perché sono presenti tipici fattori scatenanti dell’aggressività quali il dolore psichico e fisico, la paura, la preoccupazione, la frustrazione, l’affollamento, l’asimmetria di poteri, il tempo di attesa. La violenza in questi contesti va gestita con precauzioni generali, attraverso l’organizzazione degli spazi, il controllo dei tempi di attesa e dei comportamenti delle persone, l’atteggiamento degli operatori orientato alla sicurezza».
Sicurezza
L’ “addestramento”alla sicurezza del personale «Gli operatori sanitari- spiega ancora Zanon – devono essere adeguatamente addestrati alla sicurezza, che deve diventare una cultura. Non basta il corso di formazione ECM di tanto in tanto, la cultura della sicurezza è una prassi che si forma giorno per giorno e si fonda sul principio della massima prudenza. L’analisi degli episodi violenti è un presidio essenziale Un presidio essenziale è l’analisi degli episodi di violenza – conclude Zanon – Ricostruire insieme all’equipe di lavoro la catena degli eventi, senza moralismi o colpevolizzazioni verso nessuno, è fondamentale per fare meglio e sviluppare sicurezza.
L’apparente imprevedibilità.
“Da più di dieci anni mi occupo di formazione per la prevenzione e gestione degli agiti aggressivi in ambito sociosanitario – spiega Federica Sandi, Consigliera Segretario dell’Ordine degli Psicologi – in particolare all’interno di servizi per la disabilità. Chi opera nei servizi si trova a gestire e prevenire situazioni con caratteristiche diverse a seconda dell’utenza, ma accomunate da una buona dose di apparente imprevedibilità. L’imprevedibilità può destabilizzare anche operativamente facendo vivere un senso di continuo allarme. È importante che nei contesti di lavoro le figure professionali sanitarie abbiano uno spazio di supporto ed elaborazione per riconoscere e gestire questo tipo di vissuti emotivi.» Per fare prevenzione è poi necessario passare alla condivisione di buone prassi pragmatiche comuni tra chi opera. «La prevenzione – prosegue Sandi – viene fatta anche ripercorrendo gli eventuali episodi negativi per comprendere meglio come si è giunti fino a quel punto e cosa si potrebbe fare di diverso nel futuro per evitare di ritrovarsi nella stessa situazione. Ma spesso è difficile fare il debriefing successivo all’evento, perché l’operatore è al tempo stesso coinvolto emotivamente, con possibili vissuti di rabbia o di colpa, e colui che partecipa all’analisi degli antecedenti insieme ai colleghi.