Un esercito di psicologi da oltre un anno a fianco agli operatori sanitari, pazienti e famigliari. E l’emergenza non è ancora finita. La pandemia ha inferto ferite così profonde, infatti, che ci si aspetta che il bisogno di sostegno psicologico continuerà ad essere forte anche quando il virus non farà più paura. Per il presidente dell’Ordine degli psicologi del Veneto, “sarà importante che si uniscano iniziative di sostegno economico a facilitazioni di accesso ai servizi psicologici di presa in carico del disagio individuale e famigliare”
13 MAG – Il Covid 19 non ha minato solo la salute fisica ed economia. Ha lasciato importanti segni a livello psicologico tra le persone. In Regione Veneto sono oltre 600 gli psicologi del Servizio Sanitario Regionale impegnati in prima linea per dare supporto ai dipendenti delle strutture sanitarie, ma anche ai pazienti o ai loro familiari, in periodo storico così particolare fra bollettini che annunciano contagi senza fine e decessi.
“Visto il periodo di emergenza sanitaria, una nostra attività che ormai da inizio pandemia sta andando avanti è quella di aiutare i dipendenti delle strutture sanitarie – illustra Luca Pezzullo, presidente dell’Ordine dei psicologi del Veneto – a reggere i carichi emotivi, tramite i cosiddetti (DPE) dispositivi di protezione emotiva. Ma il nostro supporto non si ferma assolutamente ai soli dipendenti, anzi diamo sostegno anche ai malati fra le corsie degli ospedali, così come ai famigliari dei malati”.
“Una emergenza che dura da così tanto tempo – spiega il presidente dei Psicologi – con tutte le complicanze che conosciamo, logora un professionista sanitario che è a contatto con la malattia ogni giorno, ed è anche il fattore tempo la causa di questo disagio. Se una persona sa che deve fare una maratona tira fuori da dentro di sé tutto quello che ha, ma quando in questa maratona non si vede mai la fine, l’individuo accusa il colpo, ed è quello che stiamo vedendo negli ospedali e nelle RSA. L’emergenza Covid sta durando da troppo tempo e i professionisti, per quanto addestrate e predisposte a fare il proprio lavoro, non ce la fanno più”.
Lo stesso supporto da parte degli psicologi, pubblici dipendenti e liberi professionisti (in Veneto sono oltre 10.000) viene offerto anche ai pazienti post Covid, ossia a quelli che dopo la malattia con un ricovero in ospedale, che devono affrontare un periodo di riabilitazione, oppure ai famigliari che devono confrontarsi con una situazione drammatica come la perdita di un loro caro.
“In questa pandemia siamo stati in prima linea occupandosi ogni giorno – dice il presidente Pezzullo – in una Regione emotivamente provata. Siamo stati lì, con le personale sanitario al limite, con persone che muoiono, ad accompagnare famiglie negli ultimi saluti, su un tablet. A rimettere insieme i pezzi di genitori smarriti, a sostenere i bambini con disabilità grave, i ragazzi in DAD, gli anziani isolati, le donne vittime di violenza, i malati terminali, pazienti emotivamente stremati da mesi di lockdown con perdite di lavoro e con rotture di rapporti affettivi”.
Dopotutto, secondo il presidente dei psicologi, a fine emergenza sanitaria potrà iniziare una nuova emergenza psicosociale creata dalla povertà, dalla mancanza di lavoro e dalla solitudine, che il Covid ha portato con sé.
“L’esperienza ci ha insegnato che ad ogni grande emergenza seguono frequentemente, a distanza di un anno o due, conseguenze psicosociali legate all’impatto economico e famigliare; e spesso le conseguenze psicologiche di questa seconda fase sono più complesse da gestire di quelle della fase acuta. Sarà importante che si uniscano iniziative di sostegno economico a facilitazioni di accesso ai servizi psicologici di presa in carico del disagio individuale e famigliare”, conclude Pezzullo
Endrius Salvalaggio