Rassegna Stampa

Donne che uccidono uomini

Il presidente dell’Ordine Pezzullo «La violenza fisica è sempre la tappa finale di un’escalation di abusi. Denunciare è un problema ancor più per i maschi. Ma i segnali ci sono: bisogna chiedere e offrire aiuto».

Intervista a Luca Pezzullo, Presidente Ordine degli Psicologi del Veneto

di Simonetta Zanetti

La violenza fisica non esplode. Cresce su se stessa, cambiando espressione lungo la strada, fino ad assumere la sua forma ultima, quella che non consente ripensamenti. E se è vero che ogni sopruso ha una storia a sé, ugualmente, secondo gli esperti, lo è il fatto che tutti hanno una matrice riconoscibile, indipendentemente che siano perpetrati da uomini o donne, in coppie eterosessuali o omosessuali. Lo spiega Luca Pezzullo, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Veneto: «Siamo portati a percepire la violenza di genere come unilaterale dell’uomo sulla donna poiché per motivi fisici, culturali e relazionali è prevalente. Proprio per questo ci colpisce di più che sia una donna a macchiarsene. Avviene semplicemente perché sono eventi che escono dalla narrazione cui siamo abituati, ma non significa che siano così rari. Nelle dinamiche conflittuali di una coppia ci sono diverse forme di espressione della violenza di cui quella fisica è la più classica, evidente. Tuttavia ce ne sono altre molto meno visibili».

Crede che le donne ricorrano con minor frequenza alla violenza fisica perché temono di essere sopraffatte?

«È più raro per tutta una serie di motivi, tra cui può essere compreso anche il timore di una reazione, ma la vera differenza in questi casi la fa l’arma: se uno ce l’ha e l’altro no, indipendentemente da chi la usa. Dopodiché, nella violenza di genere, alla donna viene maggiormente associata quella psicologica. Un esempio sono le separazioni conflittuali, che magari vedono il coinvolgimento di figli. In questi casi, nelle relazioni violente, si instaurano delle forme meno codificate e visibili di sopruso da parte della madre, ma magari emerge solo il comportamento violento del padre».

La violenza fisica può esplodere come caso isolato e improvviso in una coppia?

«No. È la tappa finale di un abuso che può essere prima psicologico o economico (a questo tema l’Ordine di categoria dedicherà 8 appuntamenti da giovedì alla fornace Carotta ndr), che matura in relazioni conflittuali in cui ci sono forme di controllo e di dipendenza. Nelle dinamiche delle coppie disfunzionali si creano quindi i presupposti per un’escalation di violenza. Tuttavia ci sono sempre degli indicatori di un problema e chi vede questi segnali deve assolutamente chiedere aiuto, uomo o donna che sia».

Ma se sono entrambi i componenti della coppia a essere disfunzionali, la vittima è davvero in grado di percepire lucidamente il pericolo e chiedere aiuto?«No. È per questo che è importante che coloro che gravitano loro intorno, siano la famiglia o gli amici, colgano gli eventi sentinella che segnalano la presenza di forme di violenza all’interno della coppia. È vero che le reti familiari sono più fragili e che si tende ad essere più soli, per questo è essenziale poter contare su una rete familiare estesa, in grado di cogliere i segnali di disagio e fornire il supporto necessario. Il problema è che oggi si tende un po’ troppo a farsi gli affari propri, a non immischiarsi nelle questioni altrui, invece è importante essere socialmente proattivi soprattutto quando si vedono dei segnali di allarme».

Di solito l’uomo che uccide è un aguzzino, la donna che compie lo stesso crimine è una vittima che si è difesa. È veramente così o fa parte di una narrazione?

«È spesso una narrazione. La violenza non è mai giustificabile, a meno che non sia il caso estremo di un incidente che avviene nell’autodifesa di fronte all’aggressione di un marito abusante. Ma c’è sempre una “bottom line”, il momento in cui si riconosce la necessità di intraprendere un percorso che prevede interventi sociali e psicologici. Evitare di chiedere aiuto e restare in queste situazioni non fa che alzare il tiro su comportamenti sempre più aggressivi».

Ci sono evidenze di un aumento degli episodi di violenza della donna sull’uomo?

«No, ma sono molto difficili da tenere sotto il radar per una questione di statistica e di consapevolezza. Siamo ancora al paleolitico: le donne cominciano adesso a denunciare e gli uomini lo fanno ancora meno, per un motivo culturale. Esiste tutto un sottobosco di forme di violenza che non vengono a galla».

Il Mattino di Padova