L’ipotesi di obbligo vaccinale. La considerazione dell’amico non vaccinato come potenziale fonte di pericolo per la nostra stessa sopravvivenza o, quantomeno, come ostacolo al ritorno alla normalità. E la considerazione dell’amico invece vaccinato come un credulone che abbocca a tutto. Il periodo inedito che si è aperto un anno e mezzo fa, con l’arrivo della pandemia, ha portato con sé una serie di questioni sociali che si fanno sempre più fitte, con il passare del tempo e con il progressivo allontanarsi dello sperato orizzonte di uscita. Interrogativi che sono pane quotidiano per Luca Pezzullo, Presidente Veneto dell’Ordine degli psicologi. Quasi un veneto su quattro non è ancora stato vaccinato. È una causa persa? «No, ma è una causa impegnativa, da un punto di vista psicologico e sociale. Ed è la causa più importante, perché queste percentuali consentono al virus di diffondersi e di sviluppare nuove varianti». I meno sensibili sono i 50-59enni… «È la questione più pericolosa. Hanno una bassa percezione del rischio: si credono ancora giovani, quando invece non è così. Anzi, rischiano grosso. Oltre a questo, invecchiando è più difficile cambiare idea. E così i 50enni sono rigidi nelle loro posizioni, impermeabili agli inviti. Sopravvalutano molto la loro capacità di analizzare fonti e informazioni. Ormai non è più un rifiuto al vaccino, è un’istanza identitaria, valoriale, politica più o meno populista. Si può dire che preferiscano rischiare di ammalarsi, pur di validare la loro identità di persona che ha il coraggio di contrastare il potere. E, quando si passa su questo piano, il messaggio di salute pubblica può poco: servirebbe una comunicazione diversa».Al contrario, la risposta dei 20enni è stata molto positiva. «Perché, per quanto abbiano una percezione ridotta del rischio, hanno una minore rigidità cognitiva. Si sann
L’INIZIATIVA
A Tokyio l’Italia vince medaglie e raggiunge risultati eccellenti, in Veneto nasce la “Consulta Psicologia dello Sport, dell’esercizio fisico e del benessere” istituita dall’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi del Veneto. Un team di professionisti coordinato dalla vice presidente Fortunata Pizzoferro: «L’obiettivo è di favorire la nascita di sinergie e collaborazioni con portatori d’interesse nell’ambito dello sport, della salute e del benessere psicofisico per promuovere la conoscenza del valore della psicologia dello sport, in tutti i contesti sportivi: giovanili, tra i dilettanti e i professionisti» dice.
A livello internazionale sempre più Federazioni e società sportive si avvalgono della collaborazione di psicologi con formazione in psicologia dello sport, ormai considerati un’essenziale risorsa di affiancamento nei percorsi di allenamento, per migliorare le prestazioni attraverso il potenziamento delle abilità mentali indispensabili per favorire nell’atleta la capacità di autoregolazione emotiva e di concentrazione. Lo psicologo si occupa di tutte le fasi che caratterizzano la vita sportiva dell’atleta, dal recupero degli infortuni alla transition career, ai problemi legati alla salute mentale. «Queste sono le Olimpiadi delle emozioni» sostiene Marcella Bounous, membro della Consulta dell’Ordine e direttrice del Master di Psicologia dello Sport – Iusve «Come psicologa dello sport sto seguendo a distanza atleti che stanno partecipando alle Olimpiadi in Giappone. La presenza dello psicologo a “bordo campo” non è sempre necessaria, il lavoro che facciamo con gli atleti li deve rendere indipendenti, altrimenti non avremmo svolto bene il nostro compito. Bastano pc e telefono, abbiamo uno scambio quotidiano di dati».
«Un percorso di psicologia dello sport può incidere positivamente sulla prestazione» aggiunge Bounous «in quanto allena le abilità mentali coinvolte nella performance, quali l’attenzione e la concentrazione, il decision making, le capacità immaginative e di visualizzazione, la gestione dell’attivazione, la capacità di recuperare da un errore o da una sconfitta: in parallelo incrementa il benessere dell’atleta, in quanto sviluppa abilità di gestione dello stress, di mantenimento e incremento della motivazione, la formulazione di obiettivi funzionali, tutte abilità generalizzabili in qualsiasi altro ambito di vita. “Se la mia mente può concepirlo, allora io posso compierlo” diceva il grande Muhammad Ali».
Un percorso di preparazione mentale va “cucito addosso all’atleta”, lo psicologo dello sport deve conoscere lo sport specifico, il linguaggio, le regole e osservare l’atleta nel suo ambiente di allenamento e di gara. —